Taglio del cuneo fiscale, fasce retributive da valutare ogni mese

Tra gli interventi a maggior impatto finanziario, il Ddl di Bilancio 2024 proroga anche nel prossimo anno il taglio del cuneo fiscale e contributivo per i lavoratori dipendenti, una buona parte dei quali, quindi, continuerà a ricevere una busta paga con un netto più consistente.

Va subito osservato che la misura non viene introdotta in forma strutturale, ma ancora una volta in modo temporaneo e, inoltre, senza impatto sulle tredicesime mensilità che, conseguentemente, non beneficeranno della riduzione.

L’articolo 5 del Ddl, nel testo bollinato e inviato alle Camere per iniziare l’iter di approvazione, non modifica l’impianto normativo a supporto della misura e conferma anche le percentuali di esonero vigenti nella seconda metà del 2023.

Per i lavoratori che percepiranno una retribuzione imponibile previdenziale mensile sino a 2.692 euro, l’esonero sarà di 6 punti percentuali, che diventano 7 per chi riceverà una retribuzione mensile fino a 1.923 euro.

Il mantenimento della normativa applicabile, che continua a fare riferimento all’imponibile previdenziale mensile, non supera taluni profili di criticità della norma quali l’oscillazione della retribuzione imponibile per eventi come malattia, maternità, eccetera.

Si pensi a un lavoratore che percepisce di norma una retribuzione mensile di 3.500 euro – che lo porterebbe ampiamente fuori dal beneficio – il quale, durante alcuni mesi dell’anno, si ammali.

In tali periodi la sua retribuzione si abbatte e potrebbe portarlo a fruire della riduzione contributiva anche se, in contemporanea, il lavoratore beneficia dell’indennità di malattia che, notoriamente, non sconta contribuzione.

Inoltre, atteso che la riduzione dei contributi fa venire meno una parte dell’onere deducibile (contributi obbligatori) che abbatte l’imponibile fiscale, la base di calcolo dell’Irpef aumenta e oscilla anche la detrazione fiscale, che di fatto rende la misura meno incisiva per i lavoratori.

Per effetto della conferma delle aliquote di decontribuzione, un dipendente che ha una retribuzione imponibile previdenziale mensile pari a 2.335 euro, a fronte di un taglio contributivo mensile totale pari a 140,10 euro che si ottiene applicando il 6% all’imponibile, si trova il netto della sua busta paga aumentato di 91,40 euro.

Analogamente un lavoratore con retribuzione del mese corrispondente a 1.857 euro, applicando il 7% ha una riduzione dei contributi pari a 129,99 euro che, tuttavia, determinano un incremento del netto del cedolino di paga di 84,35 euro.

Ricordiamo infine che, pur in presenza di una diminuzione della contribuzione Ivs (invalidità, vecchiaia e superstiti) da versare all’Inps, gli esoneri continueranno a non incidere sul rendimento pensionistico dei destinatari della facilitazione in quanto la differenza sarà finanziata dallo Stato.

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