La Corte d’Appello di Napoli annullava il licenziamento disciplinare intimato ad una lavoratrice, addetta alle pulizie, alla quale la società datrice di lavoro aveva contestato di essersi allontanata dal posto di lavoro per molti giorni di un intero mese prima della fine del turno lavorativo.
La Corte, in particolare, pur riconoscendo la sussistenza del fatto storico addebitato alla lavoratrice e, dunque, l’inadempimento contrattuale della stessa, riteneva che l’anticipata cessazione del servizio fosse riconducibile all’ambito delle condotte punite dal CCNL applicabile con sanzione conservativa.
Avverso tale sentenza la società datrice ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra i motivi, che la disciplina contrattuale richiamata nella sentenza impugnata si riferisse ad una sola inadempienza e all’eventuale recidiva e quindi non regolasse un caso, come quello in esame, in cui il dipendente, già sanzionato più volte con provvedimenti conservativi, continui a rendersi inadempiente, anticipando l’uscita dal servizio senza autorizzazione o successiva giustificazione per un intero mese.
La Suprema Corte ha ritenuto infondate le doglianze della società, rilevando che nel caso di specie si rivelava corretta la sussunzione, operata dalla Corte territoriale, della fattispecie concreta prevista dal CCNL nella clausola che si riferisce a varie tipologie di infrazioni identificate mediante specifica descrizione delle condotte, fra le quali vi è l’anticipata cessazione del servizio.
Il Collegio non ha ritenuto, invece, condivisibile la tesi della datrice di lavoro, secondo cui quella clausola si riferirebbe ad un’unica infrazione e quindi non contemplerebbe il caso di ripetute infrazioni, come quello in esame.
Sul punto i giudici di legittimità hanno chiarito che va ritenuto che la pluralità dei giorni in cui era stata ripetuta l’infrazione rilevasse solo ai fini della gravità, ma pur sempre nei limiti delle sanzioni conservative previste dal CCNL, che proprio per questo prevede una graduazione via via crescente della sanzione (l’ammonizione scritta, la multa o la sospensione), facendo espresso riferimento alle “mancanze di minor rilievo” e a “quelle di maggior rilievo”.
Ed allora, per ragioni di omogeneità sanzionatoria, in relazione all’anticipata cessazione del servizio senza giustificato motivo, infrazione contestata alla lavoratrice ed accertata nel giudizio di merito, la graduazione della gravità andava apprezzata sia in termini di durata del singolo episodio, sia in termini di numero di episodi, fermo restando che la massima sanzione irrogabile – per un’insindacabile scelta dell’autonomia collettiva – è la sospensione, ossia pur sempre una sanzione conservativa.
La Cassazione non ha mancato di rilevare che, in via eccezionale, il CCNL di riferimento prevede anche per tale condotta la sanzione espulsiva ma solo in caso di recidiva e a condizione che quest’ultima sia integrata da infrazioni per le quali siano stati comminati due provvedimenti di sospensione, condizione non verificatasi nel caso sottoposto ad esame.
Infine, sul piano dell’elemento soggettivo, la Corte aveva accertato che il comportamento di fatto tenuto dalla società, che per vari giorni non aveva dichiarato nulla alla lavoratrice che anticipava l’uscita, aveva ingenerato un affidamento nella stessa, dovendo perciò intendersi ridotto il suo grado di colpa.