Distacco o trasferta del lavoratore: cosa conviene di più

Parliamo di trasferta di lavoro quando il dipendente, su ordine dell’azienda e nell’ambito delle proprie mansioni, deve temporaneamente prestare la propria attività in un luogo diverso dalla sede di lavoro indicata nel contratto.

Sono dunque necessari questi requisiti:

  • temporaneità della destinazione fuori sede. Si tratta di una caratteristica importante perché se la destinazione è definitiva parliamo di trasferimento e non di trasferta;
  • lo svolgimento dell’attività in luogo diverso dalla propria sede di lavoro.

Il “trasfertista” quindi è quel lavoratore che svolge una prestazione per cui è richiesta una continua mobilità e non ha una “sede di lavoro” indicata nel contratto o nella lettera di assunzione.

La disciplina dei contratti collettivi

Anche se la legge non offre una definizione precisa di trasferta, tutti i contratti collettivi regolano questa particolare modalità lavorativa, spesso con attenzione alle distanze territoriali e al trattamento economico dei lavoratori in trasferta.

Qual è la differenza tra distacco e trasferta di lavoro?

È una modalità diversa dalla trasferta nonostante, anche in questo caso, il dipendente sia “inviato” in un luogo diverso dalla propria sede di lavoro.

A differenza della trasferta, il distacco però è espressamente regolato dalla legge, nell’articolo 30 del decreto legislativo  276/2003.

“L’ipotesi del distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggettoper l’esecuzione di una determinata attività lavorativa”.

Spieghiamo meglio: parliamo di “distacco” tutte le volte in cui un’azienda collabora con un cliente e per “soddisfare un proprio interesse” deve distaccare del proprio personale a favore di questo cliente.

Un esempio pratico può essere lo sviluppo di un gestionale presso un grande sito logistico che richiede un lungo periodo di tempo e la collaborazione tra il personale di diverse aziende.

In caso di distacco, la titolarità del rapporto rimane in carico alla datrice di lavoro, ma il potere direttivo viene esercitato dall’azienda “distaccataria” presso cui deve lavorare.

Per evitare abusi, il distacco è oggetto di comunicazione obbligatoria Unilav e, nella maggior parte dei casi, viene concordato per iscritto tra le due aziende e con il lavoratore.

Qual è la differenza fra il distacco e la trasferta? Nel distacco il lavoratore è messo a disposizione di un’altra azienda, mentre nel secondo caso il dipendente in trasferta è sempre “a disposizione” della propria datrice di lavoro.

Trasferta e distacco: chi paga il lavoratore?

In entrambi i casi è l’azienda titolare a pagare il proprio lavoratore. Chi lavora in trasferta ha diritto a ricevere le indennità o i rimborsi spesa previsti dal contratto collettivo.

L’indennità di trasferta è pagata per una prestazione di lavoro svolta per un periodo limitato di tempo al di fuori della sede di lavoro indicata nel contratto.

Serve a compensare al lavoratore i disagi derivanti dallo svolgere il proprio lavoro in un luogo diverso da quello previsto.

Riguardo al distacco la legge dice che “il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore”.

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Ed è proprio attraverso la contrattazione di I° e II° livello, ed il confronto con le Istituzioni, che U.N.Si.L. si fa carico non solo di rappresentare i bisogni del lavoro, ma più in generale quelli dei cittadini e delle comunità, profondamente mutati a causa delle dinamiche economiche, demografiche e migratorie di questi anni, e della recente pandemia da Covid-19, per favorire la ripresa degli investimenti pubblici e privati a partire dai bisogni prioritari dei territori.