Cassazione: su chi grava l’onere di provare il mancato godimento della pausa giornaliera.

Il fatto affrontato

I lavoratori ricorrono giudizialmente al fine di sentir condannare la società datrice al pagamento di differenze retributive, per il mancato godimento dei dieci minuti di pausa giornaliera come prevista dal CCNL.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, stante la natura compensativa e non retributiva dell’emolumento richiesto.

L’ordinanza

La Cassazione – nel ribaltare la pronuncia di merito – rileva preliminarmente che il lavoratore, che presti un’attività con orario giornaliero superiore alle sei ore consecutive, ha diritto ad una pausa retribuita della durata di dieci minuti da fruire sul posto di lavoro o, in mancanza, ad un riposo compensativo di pari durata nei trenta giorni successivi ai fini del recupero delle sue energie psicofisiche.

Secondo la sentenza, nel caso in cui le peculiarità della prestazione impediscano di fruire della pausa giornalmente, il datore può, anche unilateralmente, prevedere diverse modalità di recupero, che non risultino in concreto penalizzanti per il prestatore e che siano tali da garantire, nel concreto contesto lavorativo, l’effettività del recupero psico-fisico del dipendente.

Secondo i Giudici di legittimità, laddove il datore non operi neanche in tal senso il lavoratore può agire giudizialmente al fine di ottenere il ristoro per la mancata fruizione delle pause.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dai lavoratori e cassa con rinvio l’impugnata pronuncia.

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